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Camaiano non Cambiano!!!
(Castelnuovo della Misericordia e Gabbro,
comuni di Rosignano Marittimo, Livorno)

«Osservazioni» tra virgolette per lettera nei riguardi del libro L'evoluzione socio economica di un territorio rurale del contado pisano - da Camaiano a Castelnuovo della Misericordia (secoli X - XIX), di Alessandra Potenti, Pisa 1999

Rosignano, 29 novembre 1999.
Alla Società Storica Pisana Pisa
All'Assessorato alla Cultura del Comune di Rosignano Marittimo
Al sig. Corrado Palomba
Al sig. Lando Grassi
Ho ricevuto in visione una copia del libro L'evoluzione socio economica di un territorio rurale del contado pisano - da Camaiano a Castelnuovo della Misericordia (secoli X - XIX), di Alessandra Potenti, edito dalla Società Storica Pisana, e desidero porgere alla Sua attenzione, in quanto Segretario di questa associazione, alcuni contenuti di detta opera e i miei relativi commenti di forma e di merito.
Mi trovo con rammarico obbligata a farlo, per rispondere alle critiche generiche, che ritengo ingiuste ed infondate, che in L'Evoluzione vengono rivolte ad alcuni miei lavori: Gabbro, gente terre e documenti, Livorno 1996 (scritto in collaborazione con i sigg. Lando Grassi e Corrado Palomba); Chiese e castelli dell'Alto Medioevo in Bassa Val di Cecina e Val di Fine, Livorno 1993; Ambiente e Società a Rosignano nel XVI secolo, Pistoia 1989.
Nell'introduzione a L'Evoluzione si legge infatti a p. 2 nota 2 con riferimento al libro Gabbro ... che è opportuno segnalare, tuttavia, che si tratta di un lavoro dai contenuti talvolta inesatti o non sufficientemente documentati. A p. 7 gli altri due miei lavori citati vengono accumunati fra quelli definiti privi di valore scientifico. A p. 8, nota 8 il concetto viene, 'ad abundantiam', ripetuto: Riguardo all'attendibilità scientifica di questi lavori non posso che ribadire quanto detto in una precedente nota. Sono giudizi assai pesanti, che farebbero supporre gravi manchevolezze ed errori (visto che qualche errore lo può fare anche il migliore studioso: nessuno è perfetto).
Mi sono dunque disposta ad una lettura attenta di L'Evoluzione, onde verificare in particolare le contestazioni di merito rivoltemi che dovrebbero giustificare quanto sopra: le conclusioni che traggo da tale verifica sono invece di conforto nella validità (mai pensato perfezione) del mio lavoro, e di chi con me ha collaborato, come ritengo di dimostrare in seguito. Chiarisco che mi limiterò qui a riportare e commentare solamente affermazioni che in L'Evoluzione sono riconducibili ad una esplicita od implicita contestazione dei contenuti di Gabbro e degli altri lavori citati.
In L'Evoluzione (p. 143 nota 19) si scrive: P. Ircani Menichini avanza ipotesi circa la presenza di insediamenti risalenti all'età del bronzo, ma le sue affermazioni non sono suffragate da prove archeologiche o da documentazione.
Commento.
Al contrario esistono, come segnalato in Gabbro pp. 10,11, riscontri archeologici (16 pani, 6 asce e uno scalpello), conservati al Museo Archeologico di Firenze, ricordati nei lavori di alcuni studiosi tra i quali D. Cocchi Genick e M. Ceccanti, Tre ripostigli del livornese conservati al Museo Archeologico di Firenze, Livorno 1982 e F. Sammartino, Strumenti d'uso agricolo rinvenuti nelle stazioni preistoriche del livornese, in «Quaderni del Museo di Storia Naturale di Livorno», 11, 1990.
>In L'Evoluzione ap. 42 si afferma che la pieve di Camaiano, al momento della redazione del catasto del 1428, non descrisse alcun terreno.
Commento.
Non è così. Nel catasto del 1427-29 (ASFirenze, Catasto 196 - Enti ecclesiastici - f. 181r, citato da me in Gabbro, p. 19 e Chiese e Castelli, p. 241) si trova la posta della pieve di Camaiano, con una seppur sintetica dichiarazione dei pezzi di terra accanto alla pieve tenuti a grano e vigne e altri che non si lavorano. Sono dichiarati anche i debiti dovuti al Chiericato di Pisa, i balzelli e il salario del cappellano (un secondo prete che aiutava il pievano). Non si vede pertanto come detti terreni potessero essere gestiti a pieno titolo dai governatori della Domus, come affermato in L'Evoluzione.
Ne L'Evoluzione si ignora in maniera più o meno esplicita l'esistenza e l'autonoma gestione dei propri beni pubblici da parte Comuni medievali del Gabbro e di Castelnuovo-Castelvecchio. Si afferma infatti che la Misericordia, soprattutto alla fine del Medioevo, ma anche in altre epoche, esercitò sulla zona una gestione pressoché esclusiva, addirittura una "signoria" (p. 39, 79), che inglobò beni non suoi (p. 81) e che il detto ente possedeva il cosiddetto «Tenimento di Camaiano» che comprendeva, assieme ad altri, anche il «tenimento del Gabbro» (p. 60), che i limiti e i termini delle proprietà dell'ente pisano ricalcavano appunto quelle dei tre comuni rurali (p. 32), che in un atto del secolo XIV, trascritto parzialmente la Corte del Comune di Torricchi [cioè il territori, i beni e la giurisdizione spettanti al Comune di Torricchi che divenne poi Gabbro] è in realtà un falso confine in quanto anche questo possedimento fu donato alla Misericordia da Bonifazio Novello (p. 34). Si parla di una particolarità della zona di Camaiano consistente nella presenza di un unico e pressoché esclusivo proprietario fondiario, dal quale tutti i contadini del luogo ricevevano terre, case e tutti i beni necessari alla sopravvivenza della famiglia. A p. 78,79 si presume che le famiglie del Gabbro a loro volta affittassero le terre della Misericordia ai pastori transumanti e agli allevatori ... che nel 1581 gli uomini del villaggio indicarono come beni comunali i possessi ricevuti in affitto dalla Misericordia ...
Commento.
Al contrario i Comuni medievali di Gabbro e di Castelnuovo-Castelvecchio, come spiegano documenti molto chiari, ebbero un proprio territorio e dei beni sui quali esercitarono una gestione indipendente dalla Misericordia, e a volte anche prevaricatrice sui beni dei privati. I documenti sono:
1) Il registro 1545 dell'ASPisa, Fiumi e Fossi (il catasto dei proprietari dei Comuni 1427-29). Le poste dei proprietari del Comune del Gabbro si trovano ai ff. 331-337 (ricordate nel libro Gabbro, p. 53 e seg).
Inoltre al f. 332r (posta di Gabriello di Nuccio) si trova ricordata la gestione diretta dei beni: E più dicie a boccha che à charati 3 1/2 in sul pascho; il quale pascho posiede il Chomune del Ghabro il quale è già anni 22 l'à preso e surpato al detto Gabriello ...
Nei fogli 238r e seg. del registro 1545 dedicati a Castelvecchio-Castelnuovo si trova anche l'intestazione Comune di Castelvecchio-Castelnuovo (in L'Evoluzione a p. 163 invece si scrive uno strano «popolo della pieve di Camaiano» tra virgolette).
Al f. 45r viene confermata la gestione dei beni propri da parte del Comune di Castelnuovo: (posta di Coscio di Sardelino): j pezo di tera parte chanpia e parte boschata posta a Stalipergha ... non è stima perché dicie gli è stato ochupato dal chomune di Chastelnuovo, dallo per non perdere sue ragioni, stimala l. j.
2) Il registro ASFirenze, Catasto 196 (enti ecclesiastici), f. 651r, beni della Misericordia di Pisa: la terza partita dei beni della Misericordia (situata tra quella sul bosco di Motorno e quella sul pascolo di Montenero e Salviano) dichiara anch'essa l'esistenza del Comune del Gabbro e la gestione dei propri beni, dei quali la Misericordia aveva solo una partecipazione. Essa dice: iij charati di pastura posto nel chomune del Ghabro, alluogò il Chomune perché à lla magiore parte, quanto l. 5 e quando l. 12 mettono sotto sopra quello a lloro tocha l. 2, stimalo l. 10. Dunque: la Misericordia possedeva tre carati (tre parti di un indiviso comune) di pastura siti nel Comune del Gabbro, che erano stati affittati a terze persone dal Comune in quanto quest'ultimo possedeva la maggior parte di tale proprietà; la rendita complessiva variava fra 5 e 12 lire (secondo le annate), e approssimativamente (sottosopra, v. Battaglia, Dizionario della lingua italiana, XIX, p. 610 - 8) la parte di essa spettante alla Misericordia era di 2 lire (quindi meno della metà del totale). Ne L'Evoluzione, a p. 49, nell'elenco dei beni della Misericordia, trascritti dal registro, si omette questa terza partita.
Inoltre al f. 652r, sempre tra i beni della Misericordia, si trova il poderetto di Borgo Fiorito che fa riferimento anch'esso alla Villa del Gabbro, e ai beni della pieve di Camaiano e dell'Arcivescovado di Pisa nella zona: In questo fitto ci è più pezi di terra, j pezo nella Villa del Ghabro chonfina col Arciveschovo di Pisa, è di st. 12; j prato posto alle Prata a Muturno chonfina cholla pieve di Chamaiano, lavora dette terre Iachopo di Morichone dal Ghabro. Anche detta dichiarazione catastale non viene citata in L'Evoluzione.
3) Il registro ASPisa, Misericordia 72, dove all'anno 1313 s.c. si ricorda Il Comune di Torricchi sive Gabbro (v. Gabbro... p. 47). Al fasc. V inoltre si trova riportato un atto del 1334 sui beni acquistati per lo Conte Bonifazio Novello (da destinare alla Misericordia), rogato da ser Bernardo da Rosignano. Vi si descrive il Pasco e pastura di Castel nuovo chiamato la corte di Muturno ... e si citano i suoi confini tra i quali la Corte del Comune di Torricchi. Non si tratta pertanto del cosiddetto «possedimento di Camaiano» che avrebbe dovuto comprendere il territorio di Torricchi-Gabbro, come affermato in L'Evoluzione p. 34.
Nel quadro della suddetta interpretazione riduttiva circa l'esistenza ed il ruolo dei Comuni medievali di Gabbro e Castelnuovo-Castelvecchio, ne L'Evoluzione si dà corpo, da p. 168 in poi, ad un capitoletto sul Comune di Camaiano e i suoi statuti del 1418. A p. 169 si fa anche l'ipotesi che i borghi di Castelnuovo e Castelvecchio si siano riuniti in un'unica istituzione detta Comune di Camaiano.
In realtà questi statuti, conservati nell'ASFirenze, Statuti Comunità autonome e soggette, 113 hanno il nome di Camaiano solo nell'inventario del detto Archivio. Viceversa nel manoscritto si rileva sempre il nome Cammiano e, al f. 8v, si legge la seguente frase: Providono et ordinorono i detti statutarj del detto populo di san prospero che veruna persona di qualunque stato o conditione si sia ardisca overo prosumma opponere overo contradire.
Poiché una chiesa di S. Prospero è sconosciuta nel territorio dei Monti Livornesi (e in qualsiasi documento relativo), è da dedurre che gli statuti appartengano al Comune e popolo di Cammiano in Vald'Elsa (nome documentato all'epoca, oggi Cambiano, comune di Castelfiorentino). Qui infatti è ben documentata una chiesa di S. Prospero. Ne parla il Repetti, I, 404, e viene citata da vari autori come ad esempio R. Stopani, Il Contado fiorentino nella seconda metà del Dugento, Firenze 1979, p. 70 (s. Prosperi de Camiano dipendente dalla pieve di Monterappoli) Il Libro Vecchio di Strade della Repubblica Fiorentina, Firenze 1987, p. 85 e, come fonti inedite, dal Catasto quattrocentesco di Firenze (ASF, Catasto 425, f. 21r: chiesa di s.o Prospero a Camiano e Compangnia di s.a Maria in s.o Prospero a Chamiano).
Quanto sopra mi pare dimostri la correttezza di quanto riportato in Gabbro (ma anche in Chiese e Castelli) circa l'esistenza dei Comuni medievali di Gabbro e Castelvecchio-Castelnuovo, e la loro autonoma gestione dei propri beni. Riguardo alla nascita della chiesa di S. Giovanni e S. Jerusalem di Camaiano a p. 195 de L'Evoluzione, si trova scritto La dedicazione della chiese «ad Jerusalem» è tipica del periodo precedente all'arrivo dei longobardi: si hanno intitolazioni di questo tipo fino al VII secolo. Poiché i nuovi dominatori erano di confessione ariana, questa dedicazione legata all'ortodossia cattolica non fu più attribuita alle chiese erette nel periodo longobardo.
Ciò negherebbe la validità dell'ipotesi avanzata in Gabbro e Chiese e Castelli, su una possibile origine della chiesa di S. Jerusalem di Camaiano nel periodo longobardo.
Commento.
La dedicazione di S. Jerusalem è sconosciuta agli antichi martirologi occidentali (ogni chiesa ha i suoi santi specifici) e pertanto non è attendibile una sua origine «romana», come pieve del V secolo (v. P.M. Conti, Il Monasterium, sacello di fondazione ... pp. 98, seg.; Osservazioni storiche p. 94).
La dedicazione è di provenienza orientale ed ha un suo senso se inserita in un ambito di conversione di popolazioni pagane o ariane in un periodo di influenza orientale. Ciò poté avvenire, non tanto durante la breve epoca del dominio bizantino dopo la sconfitta dei goti (553-568, che non vide lo stabilirsi di una popolazione sul territorio italiano ma un'occupazione militare), quanto durante quella dell'opera di conversione dei longobardi pagani o ariani, iniziata su larga scala (e quindi anche nelle campagne) dalla seconda metà del VII secolo. A queste missioni dettero impulso papi e monaci di origine orientale.
Bognetti in Nazionalità e religione in Toscana, pp. 426-427, scrive al riguardo: «Sotto altro aspetto parecchie dedicazioni delle chiese pievane toscane così com'erano al principio del sec. VIII (ricordo per esempio un insistente titolo di «Santa Mater Ecclesia» di marca romana ... o in diocesi di Pistoia, dedicazione in carta dell'anno 717 col titolo di «Jerusalem») son dedicazioni che suggeriscono appunto l'idea di una sistematica campagna, oltreché per le conversioni, per lo stabilire un più rigido ordine canonico promosso da Roma, proprio nel tempo in cui vi si susseguivano papi di origine palestinese o greca o siriaca combattenti anche contro Bisanzio per affermare la Sancta Mater Ecclesia».
Ma che i longobardi durante il loro regno siano passati dal paganesimo o dall'eresia ariana al cattolicesimo è ricordato nei testi dei contemporanei: ad esempio la conversione del re Agilulfo, coniuge di Teodolinda che restituì i beni confiscati alla Chiesa cattolica (Paolo Diacono, Historia IV, 6), l'edificazione da parte del re cattolico Bertarido di una chiesa a Pavia dedicata a S. Agata (Ib., V, 34), la conversione del vescovo ariano di Pavia Anastasio che divenne anche vescovo cattolico (Ib., IV, 42)].
Detta opera missionaria verso i pagani-ariani è testimoniata anche dalla notissima iscrizione di Filattiera in Lunigiana del tempo di re Astolfo (749-756) celebrante l'autore della conversione di ariani Christo delinquentium convertit carmina fide e di pagani idola fregit.
Ancora a proposito delle chiese del territorio della pieve Camaiano in L'Evoluzione a p. 197 si afferma che la Chiesa di S. Bartolomeo a Torricchi (la prima sede del Comune del Gabbro) scompare molto presto dalla documentazione.
Commento.
In realtà la chiesa è ricordata in ASP, Misericordia 72 nel 1312-22 assieme al Comune di Torricchi sive Gabbri, negli estimi del 1561 (ASP, Fiumi e Fossi, 2722, f. 70r) ed anche negli Statuti del 1636 della Compagnia della Natività della Madonna, come luogo di arrivo di una processione per la Pasqua di Resurrezione (ASF, Compagnie religiose soppresse da Pietro Leopoldo, 2652 e si veda Gabbro ... pp. 26, 47, 73).
Alle pagine 2 e 3 de L'Evoluzione si trovano anche alcune affermazioni circa i territori vicini a Camaiano: fra queste in particolare quella secondo cui Vada resterà spopolata durante il Medioevo (p. 3).
Commento.
Tale affermazione appare difficilmente conciliabile con:
- l'atto di donazione del 754 di parte delle saline di Vada al monastero di Monteverdi (F. Brunetti, Codice diplomatico longobardo);
- una pergamena dell'840 che parla della terra de ominibus Vadisiani (Memorie di Lucca V, 570; F. Schneider, Le origini dei Comuni rurali in Italia, p. 163, che afferma che Vada fu uno dei più antichi Comuni d'Italia)
- un diploma dell'imperatore Ottone I con cui accorda protezione alla Chiesa volterrana, redatto in castro quod dicitur Vada nel 967 (Giachi, Saggio di ricerche storiche ..., p. 433, 434);
- le notizie sempre sul castello e il monastero di S. Felice del 1006 e in tempi successivi (Caturegli 81; Kehr, Regesta, 479 e 380);
- le pergamene della Chiesa pisana attestanti la presenza di consoli del Comune di Vada e l'annosa controversia dei secoli XII e XIII fra questo Comune e quello di Rosignano per il possesso la Selva Ascla (Caturegli 564, a. 1183 e G. Volpe, Studi sulle istituzioni comunali a Pisa, pp. 80 e seg.).
Sono tutti documenti citati in Chiese e Castelli a pp. 42, 69, 70, 148, 149 e note relative, a supporto delle argomentazioni ivi svolte circa l'esistenza del Comune medievale di Vada.
Quanto sopra ho ritenuto di dover far presente per i motivi già detti; resto comunque disponibile, se necessario, a fornire ulteriori più ampi elementi di valutazione.
La ringrazio per la Sua attenzione e resto fiduciosa in un'attenta considerazione di quanto sin qui esposto.
Trasmetto per conoscenza questa mia al Sindaco del Comune di Rosignano Marittimo, oltre che ai signori Lando Grassi e Corrado Palomba.
Distinti saluti.
Paola Ircani Menichini

Questa è la risposta del Segretario della Società Storica Pisana.
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PISA – DIPARTIMENTO DI MEDIEVISTICA
Pisa, 7.1. 2000
Gentile dottoressa,
mi scuso anzitutto per il ritardo con cui rispondo alla Sua del 29 novembre u.s. relativa al volume L'evoluzione socio-economica di un territorio rurale del contado pisano. Da Camaiano a Castelnuovo della Misericordia ( secoli X-XIX) pubblicato da Alessandra Potenti nella collezione storica della Società Storica Pisana.
La ringrazio per le precisazioni che ha voluto proporre e comprendo il Suo disappunto per le valutazioni della dott.ssa Potenti.
Non entro nel merito dello specifico dell'interpretazione di alcuni punti controversi della storia del territorio di cui si occupa lo studio.
Per quanto riguarda invece le responsabilità della Società Storica Pisana, non posso che rammaricarmi per alcuni giudizi quantomeno frettolosi che sono stati espressi su ciò Ella ha avuto occasione di scrivere. E' ben vero che i curatori della Collana Storica lasciano piena libertà di espressione agli autori, ma avevamo quanto meno l'obbligo di invitare l'autrice a meglio circostanziare le ragioni delle sue critiche.
Ciò è tanto più vero se si considera che la stessa Potenti non ha evitato incidenti di percorso, come nel caso dell'attribuzione a Camaiano dello Statuto di Cambiano.
E' naturalmente scontato che il "Bollettino Storico Pisano è pronto a pubblicare (nel numero del 2001, dato che quello del 2000 è già composto, a seguito della decisione del Consiglio Direttivo, approvata dall'Assemblea dei Soci, di anticipare alla primavera l'uscita della rivista) sia il Suo intervento, sia una eventuale risposta della dott.ssa Potenti.
Nel rinnovarLe l'espressione del mio rammarico, La prego di gradire i migliori saluti e auguri per il nuovo anno.
[segue la firma del Segretario]

Questa è la risposta del Sindaco del Comune di Rosignano Marittimo.
Rosignano M. 13 dicembre 1999.
Gentile Signora,
Ho letto la sua del 19 novembre.
Senza entrare nel merito scientifico delle varie argomentazioni che Lei riprende, ritengo giusto farLe presente che concordo con Lei rispetto ai problemi di stile che richiama.
Distinti saluti
[segue la firma del sindaco]